Pensiero

Parte quarta

La determinazione della costante di Hubble
È a questo punto importante stabilire, con il più alto grado di precisione possibile, il valore della costante H0 in quanto l’età dell’intero Universo dipende fortemente da essa. Il valore esatto di H0 potrà servire (una volta ben tarato) come un utile indicatore di distanza. Il tasso di espansione delle galassie è importante da un punto di vista evolutivo, inerente la loro formazione, in quanto una velocità di espansione troppo elevata, avrebbe potuto impedire la condensazione delle galassie, agendo come un elemento dispersivo. La determinazione di questa costante è molto importante anche nella valutazione delle proprietà delle galassie e l’evoluzione stellare, basti pensare all’importanza della determinazione inerente la formazione delle prime stelle.
Per valutare correttamente tale costante, gli astronomi devono conoscere la distanza delle galassie, ma per conoscere questa distanza dovrebbero conoscere il valore esatto di questa costante; sembra il gatto che si morde la coda!

L’importanza della costruzione di telescopi sempre più grandi
Proviamo a seguire un raggio luminoso partito da una stella distante 5000 anni luce, questo raggio viaggerà in linea retta (assumendo che non incontri ostacoli) indisturbato. Nell’attraversare un sottilissimo strato di gas, spesso pochi chilometri, la nostra atmosfera, viene assorbito e deviato; fare un viaggio di milioni di miliardi di chilometri, per esser deviato da uno straterello di gas incredibilmente sottile!
La turbolenza atmosferica, il cosiddetto seeing, assume un’importanza decisiva nell’osservazione astronomica, limitando fortemente il potere risolutivo di un telescopio, in quanto le migliori località sul pianeta terra, vantano un seeing medio di circa mezzo secondo d’arco (0,5”), all’incirca il potere risolutivo di uno strumento da 250 mm di diametro. Sembrerebbe quindi che strumenti superiori a 25 cm di diametro circa, difficilmente sfruttino per intero il loro potere risolutivo; ci si potrebbe domandare perché si costruiscano telescopi dal diametro superiore, arrivando ai mostri da 10 metri d' apertura, con notevoli sforzi sia economici sia tecnologici? La risposta si può trovare nella raccolta di luce, infatti, al crescere dell’apertura di uno strumento cresce anche il suo potere di raccogliere luce nonché quello di separare angoli sempre più minuti (potere risolutivo).*
Avendo a disposizione più luce, è possibile ottenere spettri di sorgenti vieppiù fioche, aumentando la dimensione dell’Universo investigabile, monitorando variabili cefeidi sempre più distanti e scoprendo supernovae a distanze cosmologiche, allo scopo di accrescere la precisione delle distanze di stelle e galassie e, in definitiva, restringere l’incertezza che grava su un parametro fondamentale come la costante di Hubble.
Il telescopio spaziale “Hubble” è stato progettato per lavorare al di fuori dell’atmosfera terrestre, per non essere influenzato dalla turbolenza. Questo strumento è stato in grado di risolvere in stelle galassie lontane, riprendendo 20 variabili cefeidi nella galassia M100 e misurandone una distanza di 56 milioni di anni luce, con un margine di incertezza di +/- 6 milioni di anni luce, portando a 70 km/s per Mpc la costante H0.
*bisogna tenere conto delle nuove tecnologie inerenti l’ottica attiva/adattiva, che permettono di lavorare quasi come se l’atmosfera non esistesse, consentendo di sfruttare all’incirca tutto il potere risolutivo teorico di uno strumento.

Le SN di tipo Ia ci dicono che l’Universo accelera
Le ricerche cosmologiche si giocano sul filo della sensibilità, gli astronomi devono cioè confrontarsi con oggetti spaventosamente deboli, un po’ come vedere la luce di una candela alla distanza di Marte, e sperare di poter ottenere uno spettro decoroso! Anche disponendo dei telescopi adeguati l’errore è sempre in agguato e, l’unico modo per minimizzare l’entità dei cosiddetti “errori sistematici” è un alto numero di misurazioni. Osservare supernovae che esplodono in galassie lontane non è una facile impresa e, come se ciò non bastasse, per utilizzarle come indicatori di distanza, bisogna seguire l’andamento della variazione luminosa (curva di luce) possibilmente cogliendole al momento del massimo.
I vari tipi di SN si distinguono dalla forma della curva di luce, oltre che da alcune “firme” spettrali. Le supernovae di tipo Ia sono caratterizzate da una Mv (assoluta) al massimo comune, conoscendone questo valore e confrontandolo con la mv (apparente) si risale alla distanza.
Ovviamente le cose non sono così semplici, nella realtà ci sono alcune complicanze che rendono il lavoro estenuante. Nel caso di red-shift molto elevato, bisogna tenere conto degli effetti relativistici, (relatività ristretta).
Osservando le esplosioni di SN a distanze cosmologiche (diversi miliardi di anni luce), si è rilevato che la loro mv risultava maggiore di quanto ci si attendesse rispetto al loro valore assoluto. Questo dato porta delle implicazioni importanti, perché dimostra che queste SN si trovano a un a distanza più grande di quanto un certo valore di H0 porterebbe a considerare. Quindi, dato un certo valore per la costante H0, la minore luminosità (mv) riscontrata nelle SN esplose a distanze cosmologiche, ci dice che nell’Universo sarebbe in atto un’espansione accelerata, per un semplice motivo; la SN dovrebbe essere più brillante, in base alla sua Mv relativa a una certa distanza, quindi più vicina di quello che in realtà ci dice la sua mv, per spiegare la minore luminosità osservata, si adotta un’espansione accelerata.

La tempistica
In teoria il discorso fatto in precedenza sulle SN del tipo Ia sembrerebbe non fare una grinza, la Mv è costante (al massimo), ed in base a questo ragionamento, basta conoscere la mv per avere la distanza, se poi la velocità è non trascurabile rispetto a c basterà adottare la formulazione matematica della teoria della relatività ristretta ed il gioco e fatto; ma nella realtà le cose non filano così lisce, ci sono molte insidie che minano il lavoro del ricercatore. Innanzitutto bisogna osservare la SN non tanto lontano dal massimo, questo a causa delle enormi distanze in gioco, e le mv elevate, risulta tutt’altro che semplice. I telescopi più grandi non possono essere rivolti esclusivamente a tale compito, devono quindi essere sollecitati con la massima tempestività. Inoltre, le SN che esplodono a distanze cosmologiche, sono molto deboli già al loro massimo, più tempo passa, più si indeboliscono accrescendo la probabilità di divenire al di la della portata anche dei massimi telescopi. A questo punto diviene difficoltoso ottenere uno spettro utilizzabile, ma anche costruire una curva di luce su tempi ragionevoli. In base ad alcune recenti ricerche ci sarebbe anche un’altra (tutt’altro che trascurabile) insidia; parrebbe che le SN di tipo Ia non rispettino la costanza in fatto di luminosità assoluta quando sono al massimo, e cioè proprio al momento più favorevole per le osservazioni, che invece sarebbe raggiunta diversi giorni dopo il massimo, quindi, data la debole luminosità di queste SN estremamente lontane, si allontana la soglia di identificazione! Non tutti i ricercatori del settore sono però concordi su quanto appena esposto, ma se questo dovesse corrispondere a verità, potremmo trovarci davanti alla cosiddetta “doccia fredda”. Soltanto “attaccando” con strumenti sempre più grandi e sofisticati (ma anche costosi), potremo sperare di rivelare queste preziose esplosioni stellari.

 

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