Spunti di riflessione sulla
difficile arte di osservare
Quanto può
influire il seeing sugli oggetti deep sky?
Alcune volte mi ritrovo a riflettere su tutto il tempo che ho dedicato
all’osservazione visuale delle meraviglie del cielo stellato, un’attività che ha
“assorbito” gran parte della mia attenzione in questi 26 anni. Tuttavia sembra
incredibile come (a volte) alcune interessanti “scoperte” possano avvenire
nell’ambito di oggetti celesti che conosciamo alla perfezione, perlomeno dal
punto di vista dell’osservazione.
Mi ritrovo a rispondere, con una certa frequenza, a certe domande da parte di
diversi appassionati dell’osservazione visuale del cielo profondo, tutte
riconducibili a un unico tema: come posso vedere di più?
Non è facile rispondere a tale quesito, in quanto gli elementi che concorrono al
quel delicato e affascinate meccanismo della visione, sono molteplici.
L’apertura del telescopio, la calma e la trasparenza dell’atmosfera,
l’esperienza di colui che osserva che, in abbinamento ad alcune tecniche
osservative, come la visione “distolta” o laterale, che si avvale dell’uso di
quei fotorecettori chiamati ‘bastoncelli’ posti nella periferia (ci si riferisce
ad essa definendola anche visione periferica) della retina, approfitta di una
maggiore sensibilità, anche se a discapito di una perdita in termini di colori e
definizione. Oppure dando un delicato colpetto al telescopio, operazione questa
che facilita la distinzione di oggetti al limite della visibilità. O ancora
l’uso di opportuni filtri interferenziali, per accentuare un certo particolare
su una specifica tipologia di oggetti celesti, come le nebulose a emissione e/o
le planetarie.
In tutti questi anni di attività, ho coltivato, sviluppato e messo in pratica,
sia le tecniche sopra citate che altri espedienti. Grande è stata la mia
sorpresa nel constatare che diversi miei report su alcuni oggetti celesti, hanno
contribuito ad alimentare, allargando la portata della risposta, quella bella
domanda iniziale; come vedere di più? Quel grande osservatore del cielo che è
stato William Herschel, durante una relazione sulla struttura dell’Universo,
presentata alla Royal Society di Londra il 3 febbraio 1785, riferendosi
all’interessante relazione tra teoria e osservazione riportò quanto segue; “se
vogliamo sperare di fare progressi, soprattutto in ambiti di ricerca così
delicati, dovremmo cercare di evitare due estremi. Se ci abbandoniamo alla pura
immaginazione, fabbricando mondi generati da noi stessi, non dovremmo
meravigliarci molto nel constatare di ritrovarci nettamente al di fuori dal
sentiero della verità e della natura. Se viceversa, accumuliamo osservazioni su
osservazioni, senza il tentativo di dare, non dico delle conclusioni certe, ma
anche soltanto delle sensate congetture, ci troviamo a tradire lo scopo stesso
per il quale le osservazioni vengono fatte. Io cercherò di attenermi su una
giusta via di mezzo, ma se dovessi deviare da ciò, desidererei non incorrere nel
secondo dei due errori”. Nonostante gli anni trascorsi da quando queste stupende
frasi furono messe per iscritto, mi sento di sostenere, appoggiando pienamente,
questa metodologia osservativa e interpretativa.
Il caso di M2
Si tratta di uno degli ammassi globulari più luminosi dell’emisfero boreale,
situato nella costellazione dell’Acquario. Ho avuto occasione di osservarlo
tante volte nel corso degli anni, sotto differenti condizioni di trasparenza
atmosferica, seeing, strumento e, soprattutto, differenti livelli di esperienza.
Ho da riportare una curiosità: osservandolo nell’ormai lontano 27 ottobre del
1986, con un riflettore Newton da 40,8 cm, dalla mia postazione suburbana,
durante una serata dall’ottima trasparenza atmosferica (magnitudine limite allo
zenit intorno alla 5) ma ventosa, tanto che valutai il seeing attorno al valore
5 della scala di Antoniadi, ne riporto la seguente descrizione: "200X – è
sorprendente per la sua alta luminosità, simile a una stella di mv +1 vista
all’interno di un riflettore dal diametro di 11,4 cm! L’elevata turbolenza mi
impedisce di risolverlo, sebbene noto una certa granulosità”. Fin qui nulla di
strano, il cattivo seeing, in abbinamento a un’ottica dalla lavorazione non
eccelsa può aver prodotto questo risultato. È da notare che, la sera del 25
agosto del medesimo anno, sempre dalla mia postazione suburbana e col medesimo
strumento, con un seeing migliore (2 nella scala di Antoniadi) osservando
l’ammasso globulare M15 nel Pegaso a 200X, la risoluzione non è risultata
particolarmente difficile; eppure la lavorazione ottica è la medesima, così come
l’allineamento delle ottiche o la mia esperienza! Nel corso degli anni rivolsi
verso M2 altri (ben più modesti) strumenti; da un piccolo rifrattore
apocromatico da 10,2 cm con obbiettivo alla Fluorite, con il quale (novembre
1993) a 134X riuscii a veder “saltare” fuori dall’alone diverse stelline, con
una forte granulazione. Perfino con un grosso binocolo 20X125, ho potuto vedere
una forte granulazione nell’estrema periferia di questo globulare! Utilizzando
un rifrattore apocromatico dal diametro di 15,5 cm, sono riuscito a risolverlo
in maniera abbastanza netta nell’alone, a soli 84X. Arriviamo ora alla vera
sorpresa durante una ventosa nonché trasparente nottata di settembre del 2007, dalla mia postazione suburbana (mag. limite allo zenit intorno alla
5 e seeing pari a 5 sempre sulla scala di Antoniadi): le medesime condizioni di
undici anni prima. Vista la buona trasparenza atmosferica decisi di puntare M2
questa volta utilizzando uno S/C da 35,6 cm, ecco la descrizione che ne riporto:
“95/191X – nonostante l’elevata turbolenza atmosferica lo risolvo interamente
(!) nell’alone in una miriade di delicate stelline”. Mi domando; com’è possibile
che, nelle medesime condizioni di osservazione, utilizzando due diametri grandi
(40,8 cm e 35,6 cm), abbia ottenuto queste differenti risposte?
Anche prendendo in considerazione il differente schema ottico, Newton il 40,8 cm
e Schmidt-Cassegrain il 36,5 cm, considerando che il secondo è chiuso per la
presenza della lastra correttrice, la differente qualità nella lavorazione
ottica (sempre a favore del secondo) il fatto di averlo risolto, seppur
timidamente, con un’apertura decisamente più piccola, mi induce a riflettere
seriamente su questa disparità di prestazioni. L’unica risposta sensata che mi
sento (attualmente) di dare, è semmai una condizione differente di “microseeing”
che si è venuta a creare all’interno dei due telescopi.
Prima di salutarci ho da esporre (brevemente) un’altra interessante
osservazione. Parliamo sempre di M2, questa volta osservato in un paio di
occasioni con il Dobson da 50,8 cm: ecco le descrizioni.
Sabato 2 luglio 2005 – Colle del Nivolet (2.610 m) – No Luna – Trasparenza
ottima (Via Lattea perfettamente strutturata e contrastata fino all’orizzonte) –
seeing medio (3/3,5) – mag. allo zenit: superiore alla 6: “133X – 200X – 500X –
Questo globulare è veramente splendido, vedo le stelle fini e colorate, ed è
completamente risolto in stelle (colorate!) già a 133X, anche se a 500X entro
praticamente nel nucleo. E’ comunque più concentrato di M15. L’ammasso ha una
forma nettamente sferica”.
In un’altra occasione, l’8 ottobre 2005, da Prarotto (1.600 m) durante una
nottata dall’ottima trasparenza (mag. allo zenit 6/6,2 – seeing = 2/2,5) sempre
con il mezzo metro, lo riporto come: “133X – visione stupenda; le stelle che si
proiettano sulla regione nucleare sembrano galleggiare in un mare di luce!
Totalmente risolto, mostra una forma nettamente ellittica, e per giunta, con la
visione distolta, entro praticamente all’interno del nucleo”. Nella prima
descrizione lo riporto “nettamente sferico” nella seconda “nettamente
ellittico”?! Si noti anche che, durante la prima descrizione le condizioni di
seeing erano peggiori rispetto alla seconda descrizione, infatti, in
quest’ultima ho percepito una forma più consona alla sua classificazione. È
incredibile come le “sole” condizioni di turbolenza atmosferica possano
inficiare le nostre osservazioni a tale livello! Invito pertanto i lettori a
riflettere su quanto esposto e, se è il caso, su proprie “stranezze”
osservative.
Buone osservazioni |