Luglio 2008
 

Spunti di riflessione sulla difficile arte di osservare
 

L’attenzione migliora l'osservazione degli oggetti deboli

Le delusioni fanno parte della vita, con le dovute cautele e, quando non estreme, possono condurre a una maggiore conoscenza delle nostre capacità, portandoci a rivalutare i nostri stessi limiti. Per giungere a un reale guadagno, almeno nei termini appena esposti, si dovrebbero rivalutare alcuni “slogan” pubblicitari che vengono esposti durante le varie reclam, ma non solo…
A tal proposito ricordo che ben 27 anni fa, quando cominciavo a introdurmi in questa affascinante materia, leggevo (anzi, divoravo!) il bel libro “Astronomia oggi” di Franco Potenza, un opera pensata per principiante, con un unico neo, almeno per quanto riguarda il parere di chi scrive: l’autore ci dice infatti che l’osservazione telescopica diretta, rispetto alle immagini fotografiche, risulta più spettacolare, con immagini vivide, colorate e tridimensionali!
Tutto questo suona estremamente interessante e affascinate, oltre che poetico, ma anche pericoloso, perché, come ebbi modo di constatare personalmente all’oculare del mio primo fidato riflettore Newton 114/900, la realtà era tutt’altro che “colorata e tridimensionale”. Ovviamente a questa amara constatazione diedi subito la colpa allo strumento, bollandolo come troppo piccolo e limitato o, addirittura scadente!
Certo, quest’oggi riconosco pianamente il limite dell’apertura ma, ragionando con il senno di poi, i reali motivi dell’insoddisfazione all’epoca, si riallacciavano a quanto avevo letto sul libro citato (che custodisco peraltro gelosamente e, nonostante sia ormai datato lo consiglierei a chiunque sia alle prime armi) ma non solo; anche le immagini astronomiche presenti nei vari libri e riviste specializzate, contribuiscono a creare la nostra “immagine mentale” da cui scaturisce (che ce ne rendiamo conto o meno) la nostra insoddisfazione, seguita a ruota da una delusione – spesso cocente – all’oculare del telescopio. Ci creiamo, in altri termini, la falsa convinzione che, certi dettagli strutturali, così magnificamente riprodotti con tanta gloria e “facilità” nelle fotografie, debba essere la norma anche all’oculare dei nostri telescopi.
Nella realtà le cose assumono connotati differenti, infatti l’osservazione di dettagli strutturali non appare così immediata e (tanto meno) scontata, certi dettagli, anche “facili” sono sempre da guadagnare. All’oculare del telescopio ci ritroviamo a lavorare in condizioni “aliene” nel vero senso del termine, dove abbiamo la necessità di attribuire (e ricollocare) un significato differente a vari termini così “scontati” nell’osservazione diurna, come: luminosità, colore, contrasto, dimensioni e particolari strutturali. Il nostro cervello, oltre che i nostri occhi, devono imparare a, interpretare, il primo e a vedere, i secondi, in queste condizioni estreme.
Vediamo di affrontarli brevemente, cominciando a ragionare sul loro nuovo significato, che potremmo definire “astronomico”.

Luminosità. Sappiamo tutti benissimo valutare questo termine, quando pensiamo al disco infuocato del Sole, con la sua luminosità accecante, o un paesaggio montano immerso nei raggi di una luminosa giornata di sole. All’oculare del telescopio osservando gli oggetti deboli, dobbiamo rivalutare questo termine, anche sugli oggetti più brillanti, che appariranno sempre (riferiti all’espressione comune) fin troppo delicati e diafani.
Colore. Quando diciamo “rosso” riferendoci per esempio ai papaveri, o al “blu” osservando un intenso e cristallino cielo d’alta quota, abbiamo espresso molto bene certe determinate sensazioni cromatiche, dai connotati apprezzabili da chiunque sia dotato di una vista normale. Durante l’osservazione telescopica, a partire da una certa apertura e su alcune nebulose “brillanti” (vedi il punto sopra) possiamo certamente esprimere sensazioni di colore. In questo caso però, bisognerà stare molto attenti ad associare il colore “rosso” tipico nella visione diurna, allo stesso colore osservato nella nebulosa, nel caso telescopico infatti, la sensazione del colore sarà decisamente più attutita rispetto al rosso vivo dei nostri papaveri ma, soprattutto, assai più difficile da cogliere!
Contrasto. Il contrasto nell’osservazione astronomica, dipende fortemente dalle condizioni di trasparenza atmosferica, inquinamento luminoso nonché tipo di oggetto celeste. Lo possiamo esprimere anche in termini di apporto segnale/rumore, dove per “segnale” s’intende la luminosità dell’oggetto celeste e per “rumore” la luce diffusa di campo. Tale rapporto rimane costante anche al variare degli ingrandimenti per una certa apertura, migliorando nettamente nelle aperture maggiori.
Dimensioni e particolari strutturali. Le dimensioni degli oggetti celesti diffusi sono un fattore assai arduo da interpretare, è difficile infatti attribuire dei confini ben determinati a un oggetto diffuso. Quando parliamo di dimensioni angolari, dovremmo definire qual’è il nostro riferimento, se in fotografia o in visuale, dove (in quest'ultimo caso) le dimensioni possono essere notevolmente ridotte, a causa della minore raccolta di luce. Anche la struttura di un oggetto celeste, può non essere così facile da osservare, ne (è questo un punto assai importante) da riconoscere. Possiamo trovarci nell’infelice situazione di colui che non vede cenni di struttura in una galassia a spirale (conosco gente che non riesce a vedere le spire della M51 neppure con aperture dell’ordine dei 250/300 mm) semplicemente perché non è in grado di riconoscerla; la struttura c’è ma lui non la vede!

Cosa bisogna fare, arrivati a questo punto, per sfondare il muro di questa “invisibilità del novellino”? Cominciare a prendere coscienza di quanto avete appena letto e, dare al vostro cervello la possibilità di imparare a interpretare le immagini in condizione di scarsa illuminazione; come? Osservando più che si può, facendo attenzione a non giudicare troppo in fretta le proprie osservazioni e, soprattutto, variando il menù degli oggetti da osservare.
Buone (fruttuose) osservazioni a tutti!

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