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 Spunti di riflessione sulla 
difficile arte di osservare 
  
Vedere e non vedere 
 
Tutte le umane attività, in special modo quelle di un certo livello, richiedono 
una certa assiduità per essere svolte a dovere: sforzo, abnegazione, 
allenamento, studio, applicazione… ma tutte queste belle qualità, devono essere 
accomunate dalla passione, senza la quale non è possibile perseguirle.  
Prendiamo l’allenamento sportivo, non si possono raggiungere certe prestazioni 
atletiche, senza un certo tipo di allenamento, liberando e tonificando le varie 
parti del corpo; chi volesse tentare di eseguire, ad esempio, una forma 
complessa di un’arte marziale (come praticante di kung fu parlo a ragion veduta) 
senza aver fatto il corretto tirocinio e allenamento (posizioni, esecuzione 
sequenziale di tecniche opportunamente studiate ecc) si ritroverà 
nell’impossibilità di farla. Chiunque sia dotato di un’onesta capacità di 
critica, a questo punto dovrà obbiettivamente ammettere, perlomeno con se 
stesso, che prima di parlare di impossibilità a priori, dovrebbe 
cominciare a praticare quest’arte marziale con una corretta metodologia di 
allenamento. Cosa centra tutto questo con l’osservazione astronomica, penserà a 
questo punto qualcuno di voi?  
A seguito delle segnalazione di un amico (che ringrazio) ho letto su alcuni 
forum astronomici, alcune critiche sul mio libro; “L’osservazione visuale del 
cielo profondo”. Premetto che le critiche (quando costruttive) rappresentano il 
sale della terra, e qualunque autore non può che esser grato sia a chi esprime 
giudizi positivi sia a chi esprime giudizi negativi sulla propria opera ma, 
quando le critiche sono prive di obiettività e ragion veduta, si entra in 
un’altra questione.  
A prescindere dai gusti e apprezzamenti personali, per le quali nutro il massimo 
rispetto, ci sono alcune cose da chiarire: 
1. Apprezzare un libro (o qualunque altra cosa) dipende unicamente dal nostro 
giudizio, non dalle impressioni – negative o positive che siano – fatte da 
qualcun altro.  
2. Nel valutare un lavoro altrui, dovremmo almeno tenere conto delle 
considerazioni di chi lo ha creato. A qualcuno non piacciono le foto contenute 
nel medesimo libro (volutamente inserite a bassa risoluzione per poter 
compararle ad un’ispezione visuale); senza tenere conto che questo non è un 
libro di fotografia astronomica! Ho letto che qualcuno addirittura si riferisce 
al sottoscritto come un “commentatore di fotografie degli oggetti celesti”! Vale 
semmai l’opposto, le fotografie servono da confronto con le descrizioni fatte 
direttamente all’oculare del telescopio.  
3. “Leggendo certe descrizioni si crea una falsa aspettativa di quello che è 
percepibile all’oculare di un telescopio di una certa apertura”, come se chi 
scrive fosse un dotato da una supervista o, peggio ancora, di una 
superimmaginazione! 
  
Procediamo con ordine; impariamo a costruirci la nostra esperienza, accettando 
anche 
il parere di chi ne sa più di noi, ma senza perdere di vista le nostre 
potenzialità. L’essere o non essere d’accordo con un’osservazione altrui 
diventerà un fattore di comune esperienza, senza dipendere da opinioni altrui.
 
Quando si utilizzano alcune tecniche specifiche al telescopio, abbinando una 
certa apertura, la qualità del cielo, un corretto adattamento al buio e, non 
ultimo, un corretto approccio per ogni oggetto celeste, si riescono a vedere 
sfumature e alcuni particolari, del tutto invisibili all’indagine frettolosa e 
priva di metodo. Prima di parlare di “false aspettative” quindi, bisognerebbe 
parlare di tecniche corrette, ovviamente se ci interessa quello che facciamo, 
altrimenti il nostro scopo si limiterà a un’inutile (ed alquanto infruttuoso) 
chiacchiericcio da comarette di paese.  
Una fruttuosa osservazione astronomica richiede quindi una “ricetta” fatta da 
diversi ingredienti: un’onesta valutazione di quello che si vede e l’approccio 
utilizzato per giungervi.  
Ho ricevuto una bella e-mail da Carlo Deleidi, che mi scrive raccontandomi una 
sua esperienza osservativa; sono lieto di condividerla con voi amici lettori.
 
Mi parla di un paio di galassie nella costellazione dell’Orsa Maggiore, che ha 
osservato da Perledo (lago di lecco a 450 m) con uno S/C da 203 mm: NGC 5308 di 
mv 11,7 e di NGC 5322 di mv 10,1. Dalla sua descrizione emerge che “delle due ho 
apprezzato maggiormente la prima (NGC 5308) nonostante la sua più fioca 
luminosità”.  
Questa sua valutazione è senz’altro interessante, per diversi motivi; la 
galassia più brillante è una ellittica del tipo E3+, leggermente elongata verso 
est/ovest, con un nucleo brillante e un alone fatiscente, poco attrattiva 
visualmente. La prima (quella preferita da Carlo) è di tipo S0-sp, nettamente 
allungata verso nord/est (ricorda vagamente una 891 senza la banda oscura) risultando più 
appetibile.  
Non sempre un oggetto più brillante è migliore sotto il profilo della 
“godibilità”, bisogna valutare (cosa che il nostro amico ha fatto benissimo) 
altri fattori, come la presenza o meno di struttura, il campo stellare adiacente 
e, quando presenti, altri oggetti nelle vicinanze.  
Senza questi accorgimenti, la nostra osservazioni visuale è destinata a rimanere 
sterile e scialba, portandoci a dissentire delle osservazioni altrui, specie 
quando fruttuose. Morale: impariamo a vedere!   |