Gennaio 2009
 

Quel che fa la differenza!
 

Capita abbastanza sovente discutere tra colleghi osservatori, delle prestazioni di uno strumento, facendo a volte paragoni ridicoli, tra telescopi dall’apertura e configurazione ottica molto diversa. Posso tentare di dare qualche linea guida, basandomi sulla mia esperienza diretta, forgiata all’oculare di parecchi strumenti astronomici, durante gli anni trascorsi a chiedermi il perché quel particolare oggetto celeste si vedesse (o non si vedesse) in un certo determinato modo:

Il telescopio non è ambientato termicamente.
Si lavora con accessori scadenti.
Il telescopio non correttamente centrato.

 

L’unico modo per giungere a una più accurata interpretazione di quello che vediamo attraverso uno strumento astronomico, è quello di fare pratica in ogni occasione e, quando possibile, confrontarci con chi è più esperto di noi.
Per il primo punto trattato ricordo che, qualche anno fa durante una favorevole opposizione del pianeta Marte, da Prarotto durante una serata dal seeing eccellente (1 sulla scala di Antoniadi) osservando con il rifrattore apocromatico da 155 mm, potei toccare con mano, il vantaggio di osservare con un telescopio ben acclimatato; contemplando un Marte traballante e slavato, “trasformarsi” in un Marte a dir poco strepitoso, con una minuzia di particolari degna di nota! Quanto ora riportato, è ancor più evidente con il mezzo metro; appena giunto sul luogo di osservazione, osservando le stelle più brillanti sono evidenti le cosiddette “piume di calore”, con le stelle che sembrano espandersi; dopo circa un’oretta (si consideri che durante il viaggio non utilizzo per nessun motivo il riscaldamento, neanche in pieno inverno) le stelle sono perfettamente – seeing permettendo ovviamente – puntiformi. Ho conosciuto diversi astrofili che non sanno distinguere tra; piume di calore, cattivo seeing e telescopio scollimato! Osservare in questi frangenti, significa non utilizzare appieno il proprio strumento e, men che meno fare paragoni con altre ottiche!
Anche il secondo punto, apparentemente tanto scontato, è assai importante; qualche anno fa mi è capitato di utilizzare direttamente sul campo due oculari, uno economico della SkyWatcher, e un Wide Scan di buona qualità: le immagini fornite da questi due oculari si sono rivelate tutt’altro che simili. Nel secondo, oltre a un netto guadagno in termini di contrasto, si notava una migliore percezione nella resa cromatica delle stelle oltre a una minore luce diffusa, il che tradotto in puri termini pratici significa una sola cosa; vedere più chiaramente! Si rifletta quanto questo “vedere più chiaramente” possa influire sulla percezione di deboli sfumature su nebulose e galassie, si potrà verificare che, forse una certa differenza in termini di prestazioni si nasconde anche in questi accorgimenti. In un’altra occasione, ho constatato una differenza abbastanza consistente, passando da un diagonale a specchio della Meade, a uno firmato Lumicon, con l’apocromatico da 155 mm; inutile dire che l’osservazione di oggetti al limite ne ha ampiamente guadagnato tramite il secondo, tanto che non riuscivo a capacitarmi come un “semplice” accessorio poteva creare tanta differenza.
Il terzo punto (l’importanza della collimazione) è quello apparentemente più scontato, ma anche (sic) quello più frequentemente ignorato dai più; per rendersi conto di ciò basta recarsi a uno star party osservando con diversi strumenti, per verificare che, almeno nove volte su dieci, lo strumento non appare ben centrato. È importante però, arrivati a questo punto, fare alcune precisazioni: una collimazione superprecisa è richiesta nelle serate dall’ottimo seeing (quando si può sfruttare pienamente l’ottica) nella stragrande maggioranza dei casi, una buona collimazione – non maniacale – si rivelerà più che sufficiente. A riprova di ciò, abbiamo volutamente tentato un piccolo esperimento, assieme all’amico Spanu, osservando da Prarotto con il mezzo metro, utilizzando prima lo strumento non centrato anzi, pesantemente scollimato, poi con lo strumento ben centrato (tramite l’aiuto di un ottimo collimatore laser autocentrante della Hotech); ebbene, le descrizioni che seguono dovrebbero testimoniare abbastanza efficacemente l’importanza di una buona collimazione, si noti che un telescopio da mezzo metro, anche se non perfettamente centrato, raccoglie abbastanza luce da non far rimpiangere nemmeno un’apertura da 300 mm perfettamente centrata! Per la prova ho scelto l’incantevole galassia NGC 255 di mv 11,7 (luminosità superficiale 13,8) – Dim. 3,0’x2,5’ nel Cetus, osservata con gli stessi ingrandimenti, prima con lo strumento non centrato: “133X – è una galassia ardua da osservare, ha un nucleo molto brillante, abbagliante nei confronti del tenuissimo alone. Si trova a sud di tre stelle (mv 7,9/12/11,6) con la quale è allineata. Somiglia più a un piccolo ammasso globulare che a una galassia”. Andiamo a vedere cosa succede osservandola con lo strumento perfettamente centrato: “133X – è vista frontalmente con una regione nucleare apprezzabile; in visione distolta la regione nucleare è brillante (stellare) e allungata a barra (confermato dalla visione di un’immagine fotografica!) impressione che si riconferma con l’aiuto di un’osservazione prolungata”. Possiamo notare subito alcuni elementi, a mio avviso molto interessanti; anche con lo strumento non centrato, la galassia rivela una buona luminosità, con una visione che ha ben poco da invidiare a quella fornitami da un buon riflettore da 30/35 cm di diametro. La buona collimazione ha l’effetto di utilizzare al meglio la luce raccolta, permettendomi di percepire la natura di spirale barrata di questa magnifica galassia. Penso ne valga la pena, come saranno d’accordo anche i lettori, o no?
Per concludere, nel reclamizzare degli ottimi strumenti adatti per l’astrofotografia, ho letto da qualche parte qualcosa del genere; “nelle mai di bravi astrofotografi questi telescopi si trasformano in potenti strumenti d’indagine”, ebbene, possiamo tranquillamente estendere questa affermazione, anche all’uso dei telescopi per l’osservazione visuale, almeno per chi ha l’accorgimento di provare e riprovare, non accontentandosi dei vari “a priori” che una certa letteratura vorrebbe a tutti i costi farci accettare!
Un saluto e al prossimo mese.

 

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