Quel che fa la differenza!
Capita abbastanza sovente discutere tra colleghi osservatori, delle
prestazioni di uno strumento, facendo a volte paragoni ridicoli, tra
telescopi dall’apertura e configurazione ottica molto diversa. Posso
tentare di dare qualche linea guida, basandomi sulla mia esperienza
diretta, forgiata all’oculare di parecchi strumenti astronomici,
durante gli anni trascorsi a chiedermi il perché quel particolare
oggetto celeste si vedesse (o non si vedesse) in un certo
determinato modo:
• Il telescopio non è ambientato termicamente.
• Si lavora con accessori scadenti.
• Il telescopio non correttamente centrato.
L’unico modo per giungere a una più accurata interpretazione
di quello che vediamo attraverso uno strumento astronomico, è quello
di fare pratica in ogni occasione e, quando possibile, confrontarci
con chi è più esperto di noi.
Per il primo punto trattato ricordo che, qualche anno fa durante una
favorevole opposizione del pianeta Marte, da Prarotto durante una
serata dal seeing eccellente (1 sulla scala di Antoniadi) osservando
con il rifrattore apocromatico da
155 mm, potei toccare con mano, il
vantaggio di osservare con un telescopio ben acclimatato;
contemplando un Marte traballante e slavato, “trasformarsi” in un
Marte a dir poco strepitoso, con una minuzia di particolari degna di
nota! Quanto ora riportato,
è ancor più evidente con il mezzo metro; appena giunto sul luogo di
osservazione, osservando le stelle più brillanti sono evidenti le
cosiddette “piume di calore”, con le stelle che sembrano espandersi;
dopo circa un’oretta (si consideri che durante il viaggio non
utilizzo per nessun motivo il riscaldamento, neanche in pieno
inverno) le stelle sono perfettamente – seeing permettendo
ovviamente – puntiformi. Ho conosciuto diversi astrofili che non
sanno distinguere tra; piume di calore, cattivo seeing e telescopio
scollimato! Osservare in questi frangenti, significa non utilizzare
appieno il proprio strumento e, men che meno fare paragoni con altre
ottiche!
Anche il secondo punto, apparentemente tanto scontato, è assai
importante; qualche anno fa mi è capitato di utilizzare direttamente
sul campo
due oculari, uno economico della SkyWatcher, e un Wide Scan di buona
qualità: le immagini fornite da questi due oculari si sono rivelate
tutt’altro che simili. Nel secondo, oltre a un netto guadagno in
termini di contrasto, si notava una migliore percezione nella resa
cromatica delle stelle oltre a una minore luce diffusa, il che
tradotto in puri termini pratici significa una sola cosa; vedere più
chiaramente! Si rifletta quanto questo “vedere più chiaramente”
possa influire sulla percezione di deboli sfumature su nebulose e
galassie, si potrà verificare che, forse una certa differenza in
termini di prestazioni si nasconde anche in questi accorgimenti. In
un’altra occasione, ho constatato una differenza abbastanza
consistente, passando da un diagonale a specchio della Meade, a uno
firmato Lumicon, con l’apocromatico da 155 mm; inutile dire che
l’osservazione di oggetti al limite ne ha ampiamente guadagnato
tramite il secondo, tanto che non riuscivo a capacitarmi come un
“semplice” accessorio poteva creare tanta differenza.
Il terzo punto (l’importanza della collimazione) è quello
apparentemente più scontato, ma anche (sic) quello più
frequentemente ignorato dai più; per rendersi conto di ciò basta
recarsi a uno star party osservando con diversi strumenti, per
verificare che, almeno nove volte su dieci, lo strumento non appare
ben centrato. È importante però, arrivati a questo punto, fare
alcune precisazioni: una collimazione superprecisa è richiesta nelle
serate dall’ottimo seeing (quando si può sfruttare pienamente
l’ottica) nella stragrande maggioranza dei casi, una buona
collimazione – non maniacale – si rivelerà più che
sufficiente. A
riprova di ciò, abbiamo volutamente tentato un piccolo esperimento,
assieme all’amico Spanu, osservando da Prarotto con il mezzo metro,
utilizzando prima lo strumento non centrato anzi, pesantemente
scollimato, poi con lo strumento ben centrato (tramite l’aiuto di un
ottimo collimatore laser autocentrante della Hotech); ebbene, le
descrizioni che seguono dovrebbero testimoniare abbastanza
efficacemente l’importanza di una buona collimazione, si noti che un telescopio da mezzo metro, anche se non perfettamente
centrato, raccoglie abbastanza luce da non far rimpiangere nemmeno
un’apertura da 300 mm perfettamente centrata! Per la prova ho scelto
l’incantevole galassia
NGC 255 di mv 11,7 (luminosità superficiale
13,8) – Dim. 3,0’x2,5’ nel Cetus, osservata con gli stessi
ingrandimenti, prima con lo strumento non centrato: “133X – è una
galassia ardua da osservare, ha un nucleo molto brillante,
abbagliante nei confronti del tenuissimo alone. Si trova a sud di
tre stelle (mv 7,9/12/11,6) con la quale è allineata. Somiglia più a
un piccolo ammasso globulare che a una galassia”. Andiamo a vedere
cosa succede osservandola con lo strumento perfettamente centrato:
“133X – è vista frontalmente con una regione nucleare
apprezzabile; in visione distolta la regione nucleare è brillante
(stellare) e allungata a barra (confermato dalla visione di
un’immagine fotografica!) impressione che si riconferma con
l’aiuto di un’osservazione prolungata”. Possiamo notare subito alcuni elementi,
a mio avviso molto interessanti; anche con lo strumento non
centrato, la galassia rivela una buona luminosità, con una visione
che ha ben poco da invidiare a quella fornitami da un buon
riflettore da 30/35 cm di diametro. La buona collimazione ha
l’effetto di utilizzare al meglio la luce raccolta, permettendomi di
percepire la natura di spirale barrata di questa magnifica galassia.
Penso ne valga la pena, come saranno d’accordo anche i lettori, o
no?
Per concludere, nel reclamizzare degli ottimi strumenti adatti per
l’astrofotografia, ho letto da qualche parte qualcosa del genere;
“nelle mai di bravi astrofotografi questi telescopi si trasformano
in potenti strumenti d’indagine”, ebbene, possiamo tranquillamente
estendere questa affermazione, anche all’uso dei telescopi per
l’osservazione visuale, almeno per chi ha l’accorgimento di provare
e riprovare, non accontentandosi dei vari “a priori” che una certa
letteratura vorrebbe a tutti i costi farci accettare!
Un saluto e al prossimo mese. |