Febbraio 2010
 

Pensiero: utile accessorio per un telescopio!

(piccolo aggiornamento)

 

Questo mese vorrei parlare di uno dei numerosi aspetti (avremo sicuramente modo di ritornarci in futuro) che stanno alla base del riconoscimento degli oggetti celesti (deboli), al telescopio; a prescindere dallo strumento utilizzato, o dalle condizioni di cielo.
Differentemente che in altri ambiti, l’osservazione astronomica (non soltanto quella inerente gli oggetti deep sky), non risulta immediata, come potrebbe essere - tanto per fare un esempio - quella di analizzare, un’immagine all’interno del monitor di un computer.

Non è affatto immediato osservare i dettagli strutturali negli oggetti deboli, non soltanto quelli di una galassia (per quanto “facili” possano essere). Anche i delicati – ma nello stesso tempo scolpiti – particolari planetari (fasce di Saturno, ovali bianchi di Giove ecc), non risultano “immediati”, ma si formano gradualmente “costruendosi” sulle note dell’esperienza.

Quanto appena esposto, rappresenta un elemento di difficoltà non soltanto per il neofita (purtroppo); anche l’astrofilo abituale, viene interessato da questa difficoltà, che invero dovrebbe attenuarsi nel corso degli anni …

Le motivazioni che possiamo ipotizzare, sul perché anche tra coloro che osservano da parecchi anni, si annidino certe problematiche, non sono di facile trattazione, e soprattutto si rischia di urtare la suscettibilità di qualcuno, ma a costo di farlo, certe cose bisogna dirle, non foss’altro che per rispettare il libero pensiero!

Ovviamente il fatto di osservare sempre i medesimi oggetti celesti, rappresenta di per se un motivo sufficiente, ma va affiancato anche ad altre pratiche: osservare raramente da località amene, può innescare una certa difficoltà nell’adattamento al buio; osservare gli oggetti – anche quelli più brillanti, ma da località inquinate –, rende più difficile identificare particolari al limite sugli stessi (per non parlare degli oggetti più diafani).
S’innesca in questo modo, una sorta di feedback, che alimenta uno “scetticismo malato”, nei confronti di tutti coloro che, osservando adottando una certa metodologia, riescono a percepire dettagli “invisibili” ai più.

L’uomo è proprio uno strano animale; riesce a normalizzare proprio tutto, anche l’orrore! Nascondendoci dietro una sorta di “ovvietà forzata”, riusciamo a sentirci perfettamente a nostro agio in determinate situazioni, mi spiego meglio: non vedo alcuni oggetti deboli, ma la maggior parte della gente non li vede, quindi “non si vedono” ! Si instaura una mentalità di tipo dogmatico (non lo vedo – non si vede – non si può vedere), e chiunque violi quest’immagine, è subito guardato con sospetto. Ma non sarebbe più edificante, tentare di colmare la lacuna che ci separa, dalla presunta invisibilità di certi dettagli? Potremmo avere l’occasione – una volta tanto – di parlare per nostra diretta esperienza, assumendoci in toto le nostre responsabilità, non limitarci a scimmiottare osservazioni altrui.

Chi scrive parla per diretta esperienza (essendo diventato un capro espiatorio per molti “signorotti” che vomitano sciocchezze gratuite sui forum, con un linguaggio che, al confronto di quello da stadio, è semplicemente infantile!): ma sono diversi i colleghi osservatori esperti, che (come un noto osservatore visuale milanese, proprietario di un grosso strumento), esperimentano esperienze simili alle mie, ma non scrivendo libri e/o pubblicando su riviste specializzate, non compaiono al cospetto dei molti.

Quello che questo mese riporto, non è frutto di livore, ma di un osservazione – una volta tanto sociale -, e di un ragionamento ben articolato, basato su diverse discussioni, con amici osservatori (esperti), i quali confermano le mie stesse esperienze.

Non posso concludere senza pormi una domanda significativa: perché le osservazioni di O’Meara, che riporta dettagli strutturali su galassie “difficili” (come il disegno delle spire della galassia M74), visti con un’apertura da 102 mm (rifrattore apo, usato dai bui cieli delle Hawaii), vengono accettate dagli osservatori visuali d’oltre oceano? Forse perché sono abituati a cieli di una certa trasparenza (California), che permettono simili esperienze a una percentuale maggiore di osservatori visuali?
Perché, anche in Italia (dove chi si sente la reincarnazione di William Herschel, osservando però con uno strumento dal diametro medio di un cercatore, parla addirittura di “Baroni dell’astronomia”, nascosto come al solito dall'anonimato di un nick!), certe osservazioni vengono accettate tranquillamente? Non si tratta forse di ottusa esterofilia?

Amici, forse per andare d’accordo con la gente, certe domande è meglio non porsele: ma chi vi dice che il sottoscritto voglia andare d’accordo proprio con certa gente?

Alla prossima

Un piccolo aggiornamento:

Pubblico molto volentieri, delle considerazioni che mi sono state inviate da alcuni amici. In questo spazio, possiamo dimostrare, che è possibile pubblicare ciò che si pensa, rispettando la più elementare forma di onestà, e sensibilità che dovrebbe appartenere a chiunque osserva il cielo.

Visto che siamo in vena di pensieri, io me ne pongo un altro: vi siete mai chiesti perché i vari forum hanno bisogno dei moderatori? La loro stessa figura mette l’accento su un problema di fondo: la correttezza e la sensatezza in quello che si scrive, deve dipendere da un controllore! Ma la nostra autodisciplina, il nostro rispetto per il prossimo, la correttezza verso gli altri (e verso se stessi); dove sono?!

Beh, se teniamo conto che in rete ci sono anche le “zecche” omnipresenti, rifiutate persino da chi apre una discussione (e “invitate” dai moderatori a una maggiore pacatezza), che puntualmente si ripresentano – come le zecche appunto – senza batter ciglio, bisogna ammettere che ci si trova in ambito psichiatrico!

Ma poi (ce lo diciamo tra di noi): quando raccontiamo la storia del pifferaio magico, che trascina le folle nel proverbiale dirupo, non mettiamo mai l’accento sulla stupidità delle folle, ma sulle cattive intenzioni del suddetto pifferaio!

Le mie sono semplici domande … spero di invitare chi legge a una sana riflessione.

 

Ecco di seguito i pareri di alcuni amici:

Claudio Prà

Perfettamente d'accordo con te caro Salvatore. Chi mette in dubbio certe osservazioni sono solitamente quelli che osservano si e no otto, dieci volte all'anno, magari un oretta per volta, e non si cura probabilmente neanche di variare gli ingrandimenti, di usare filtri o di stare sull'oggetto per minuti e minuti a caccia di particolari. Probabilmente poi non sanno nemmeno cosa significhi osservare con continuità per anni e anni, metodicamente, e farlo sotto cieli all'altezza. Non sanno che tutto questo fa maturare un esperienza incredibile. Riprendendo le mie prime osservazioni mi viene da ridere quando descrivevo debolissimi alcuni oggetti Messier che ora vedo "luminosi" in un piccolo binocolo 10x50. Ore e ore al freddo, ore e ore rubate al sonno rimettendoci il giorno seguente al lavoro. Sapranno tutto questo cosa vuol dire? Io credo di no. Eppure sono questi "sacrifici" a fare la differenza. Questo e il cielo scuro naturalmente. A qualcuno le parole ad altri i fatti. Come sempre.

Ciao

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Alberto Ghiotto

 

Non sono del tutto d'accordo con le osservazioni di Claudio Prà. Io sono uno di quelli che riesce ad osservare 8-10 volte all'anno (purtroppo!!) e proprio per questo capisco e riconosco che ci può essere qualcuno che ottiene risultati migliori dei miei all'oculare. L'umiltà è un pregio importante e non è necessario osservare un giorno si ed uno no per poter esprimere la propria opinione.


P.S. i "professoroni" servono per trasmettere agli altri una passione non per erigere uno steccato di presunta superiorità...

 

Ecco la risposta che chi scrive ha fornito all’amico Alberto, a seguito delle sue (giuste) considerazioni:

sicuramente Claudio (che conosco abbastanza bene), intende esarcerbare un certo tipo di discorso, poniamolo in questo modo: un allenamento costante  è quanto di meglio per riuscire in una pratica che potremmo definire  "estrema". Ovviamente, chi - per le ragioni più valide di questo mondo - non può dedicare che poco tempo all'allenamento fisico, pur non potendo raggiungere i livelli di chi si allena tutti i giorni, riesce a capirne il  significato, perché comunque compie egli stesso uno sforzo in quel senso  (e questo potrebbe essere il tuo caso). Chi invece se ne sta in panciolle, dalla mattina a notte fonda, e "guarda" gli altri fare, costui rientra in una tipologia più subdola, alla quale certamente si riferisce Claudio. Costui infatti, non solo non può capire lo sforzo altrui ma, negando il proprio parla di un'impossibilità in termini aprioristici . (questo è il caso di certi "scarafaggi" da forum). Quindi sono d'accordo con quanto scrivi e posso (ragionevolmente) parlare anche a nome di Claudio, il quale è ben lungi dal voler fare dello "sciovinismo osservativo". Ti ringrazio per questo confronto, che dimostra quello che volevo dire in partenza (e anche nel pensiero che ho espresso nel mio articolo on-line: sia benvenuto chi cerca il confronto (l'incontro e non lo scontro), e lo fa su un terreno civile e intelligente: mi complimento con voi ragazzi!

Ora passiamo all’interessante – nonché articolato – pensiero di Roby Novelli, inerente l’osservazione di alcuni oggetti celesti, attraverso il suo Dobson da 254 mm:

 

M 67 e altri oggetti celesti ...

Ho puntato il “monolite” (cioè un Dobson 250 – secchiellone cattura-luce - ) al cielo notturno di ieri 1 Febbraio 2010. L’emisfero Sud aveva un discreto “seeing”. Ho usato un oculare da 32 mm per avere circa 40 ingrandimenti.  Il tutto dal balcone di casa mia (inquinamento luminoso non indifferente).  Seguendo le indicazioni di Salvatore lette sul suo secondo libro “L’arte di osservare con il telescopio”, ho iniziato la mia osservazione intorno alle 21:00 prima puntando ad un oggetto “facile”: la M42 in Orione. Il “trapezio” di questa nebulosa formato da quattro stelle era molto ben visibile. Ovviamente con un oculare da 12 mm, quindi 100 ingrandimenti, la polvere stessa della nebulosa mostrava dei rudimentali filamenti al mio inesperto occhio.

Una volta abituati i “bastoncelli”  dell’occhio al buio, circa un quarto d’ora dopo la M42, ho puntato la costellazione del Cancro e, vicino a Marte, tondo mondo di luminescente colore arancione, è apparso il “Presepe” (M44 secondo la classificazione di C. Messier). 

In realtà, però io “cercavo” M67. Uno dei più antichi ammassi stellari. Leggermente “più difficile” da localizzare: data la mia “inesperienza”, al cercatore, un 9X60, non lo potevo “vedere”. Dunque, l’ho cercato “brandeggiando” il telescopio a piccoli colpetti vicino alla stella Acubens.  E già… ma qual è la stella Acubens per un “principiante”? Infatti, per la prima mezz’ora, ho cercato in un tratto dell’universo dove non avrei mai localizzato questo bel ammasso.  Poi, va a capire se la costanza, la fortuna, o anche l’intuito (direi tutte e tre le componenti messe insieme), ecco che i “puntini” si presentano all’oculare: sono entusiasta! Capisco di aver “centrato” l’oggetto perché all’oculare appare come più o meno me lo aspetto, ma è la piacevole sensazione di osservare qualcosa che non ho mai visto prima a guidarmi! Fa freddissimo lì fuori imbacuccato con giacca a vento fascia di lana in testa, sciarpa e una tazza di tè bollente che mia moglie mi ha appena preparato, ma è anche una specie di “premio” la visione di tanta bellezza nell’universo. Guardo l’orologio: è passata più di un’ora dall’inizio delle mie osservazioni e non me ne sono quasi “accorto”!

Mi ha ricordato, quando quest’Estate inoltrata, osservavo un altro ammasso più compatto a me molto caro: M11 (“le anitre selvagge”).

E’ strano che a M67 non sia stato dato un nome più “poetico”. Facendo una ricerca in Internet ho notato che la domanda è stata posta anche da qualche collega americano: “M67 open cluster – does it have a name besides M67?” L’unica risposta è che M67 è un ammasso stellare anche conosciuto come NGC 2682 (New General Catalogue).

Però, per fortuna, William Herschel nel 1809 dice: <semba una “ F “>.

Forse, ancora meglio, Smyth nel 1836 dice: < stelle che si conformano in un cappello Frigio> .

Chissà invece quale sarà il nome che gli diedero gli Arabi o gli Orientali, forse un giorno scopriremo qualche documento. 


Prima di salutarci vorrei esprimere un'ultima considerazione:

Cos'è più dannoso per l'osservazione (astronomica e non);  l'inquinamento luminoso o una mente ottusa?

 

 Alla prossima!

 


 


 

 

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