Aprile 2009
 

I limiti dell’osservazione visuale
 

In questo nostro spazio dedicato all’indagine visuale del cielo profondo, ci siamo più volti presi il non facile compito, di analizzare a fondo i vari modus operandi ad essa legati. Si tratta certamente di un’attività non certo facile, anzi; tanto difficile, come ebbe ad affermare qualcuno, che osservare un oggetto celeste debole, è come notare un gatto nero, di notte, chiuso dentro un sacco nero!
In effetti bisogna proprio riconoscere che l’osservazione visuale è una faccenda piuttosto delicata, spinta – il più delle volte – ai limiti di noi stessi; forse è proprio l’estrema difficoltà nell’osservare con un certo profitto, i DSO (Deep Sky Objects) che spinge i più verso l’astrofotografia. In fondo, come ripetutami da più fonti, ci si può anche “stufare” di tanta debolezza, macchiette informi prive di qualunque connotato strutturale, che contraddistingue invece le riprese fotografiche... Pur rispettando, come sempre del resto, tutte le scelte (anche se questo non può certo impedirmi di esprimere il mio libero pensiero sull’argomento) non concordo con chi sceglie l’indagine fotografica, come una specie di “ripicca” contro un’osservazione visuale arida.
Ovviamente ci sono vari fattori che dovrebbero scendere in campo, per trasformare l’indagine visuale in qualcosa di più emozionante del soliti “wow”, piuttosto che ripetere meccanicamente le osservazioni, senza notare le più deboli e minute sfumature, neppure osservando la nebulosa M42! È ben per questo che, quando il sottoscritto riportò l’osservazione di tonalità cromatiche visti in questa nebulosa, attraverso il suo 508 mm in alta montagna (non all’interno di un cercatore 5x24 diaframmato) fu come bestemmiare in chiesa! Evidentemente non siamo più abituati ad accostare l’occhio all’oculare con spirito di ricerca, che ci fa dimenticare la stanchezza e ci conforta durante le ore diurne. Chi si cimenta nell’osservazione visuale degli oggetti deboli, lo fa essendo ben conscio di tutte le difficoltà, accettando per così dire la sfida, in primis con se stessi. Ovviamente, ci riserveremo l’onere della misura, soltanto quando il nostro adattamento all’oscurità sarà perfetto, ma anche la forma fisica ha la sua importanza; sarà assai difficile essere efficienti (e questo in tutte le umane attività) non essendo al massimo della forma.
Nessuno si sognerebbe mai di affrontare una maratona non possedendo la corretta forma fisica, e l’allenamento necessario per sostenerla, così come non entrereste all’interno di un ring, dopo una notte insonne, anche essendo allenati! Ebbene; pensiamo che l’osservazione visuale degli oggetti celesti deboli, richieda una condizione d’approccio tanto diversa?
Per affrontare una proficua serata dedicata all’’osservazione delle meraviglie celesti, bisognerà preoccuparsi di aspetti, apparentemente distaccati da questa attività:

1. Se la serata è particolarmente fredda bisognerà vestirsi adeguatamente ma con un occhio di riguardo alla comodità dei movimenti, è perfettamente inutile imbottirsi al punto tale da non potersi quasi muoversi.
2. L’osservazione visuale è un’attività gratificante ma “sedentaria”; infatti l’oculare del telescopio non richiede molti movimenti. Sgranchirsi le gambe ogni tanto (allontanandosi dallo strumento) non può che giovare alla percezione di dettagli al limite.
3. Eseguire lunghe è profonde respirazioni e, benché questo possa suonare strano, non pensare a quello che si fa mentre lo si fa! In questo modo la mente conscia entra in gioco, per così dire, soltanto a tavolino, senza interferire con quello che l’occhio vede; l’osservatore visuale esperto confida principalmente nel suo istinto.
4. Per ultimo, ma non per questo meno importante (last but not least); registrare qualunque cosa si riesce a; vedere, percepire, sospettare e addirittura “annusare”, preoccupandosi solo in un secondo tempo di quello che è o non è possibile, vedere; questa attività la lasciamo volentieri nelle mani di coloro che “osservano” standosene comodamente seduti davanti al monitor di un computer!

Oltre la sesta magnitudine
Durante una serata in alta montagna, dedicata all’osservazione binoculare, utilizzando il “piccolo” Fujinon 25X150, ci è capitato di fare delle esperienze eccezionali e molto gratificanti. La notte era spazzata dai provvidenziali venti di foehn, la sagoma oscura del binocolone prometteva occhiate di maestosa profondità; è veramente incredibile come anche un certo tipo di strumento, possa far “vibrare” certe corde… Proprio come quando si ha una fame irresistibile, non riuscivo a resistere all’attesa di montare il tutto e cominciare a osservare. La canzone cantata dal vento che frusciava tra i pini, creava la corretta atmosfera di calma e fervore nello stesso tempo; puntammo lo strumento verso numerose galassie nella costellazione del Leone e, nonostante l’ingrandimento non molto sostenuto, ci siamo meravigliati della facilità con la quale il Fuji, letteralmente “strappava” le galassie al fondo cielo! Ma un chiarore diffuso, ben visibile a occhio nudo tra le stelle δ (a sud) e γ (più a nord) Cancrii attirava l'attenzione; si tratta, come tutti avrete capito, dello splendido ammasso aperto M44, utilizzato, quando il cielo era ancora degno di questo nome (!) come utile indicatore del clima, se non era visibile ad occhio nudo, voleva dire che stava cambiando il tempo.
Ma per noi questo incantevole oggetto celeste ha un significato differente; assaporarne le sue componenti, e tuffarsi in un meraviglioso viaggio celeste, tra stelle doppie e triple di cui M44 abbonda. Il primo a osservarlo fu il sottoscritto; “Nonostante i 2,7° di campo del Fuji, si fa fatica a osservarlo interamente! È composto da astri molto brillanti, disposte in forma vagamente irregolare; nei pressi del centro si vedono due triple di stelle, quella più a sud sfoggia un astro arancione con due compagne azzurrognole. Quella posta più a nord, ha una componente arancione, una azzurrina e una più debole bianca. Ci sono anche diverse doppie… l’ammasso non mostra una particolare condensazione, ne dei confini ben definiti. Una curiosità: nella sua parte centrale ci sono alcune stelline disposte a V (ricordano le Iadi)”. È proprio l’ultima parte di questa osservazione ad essere l’oggetto della nostra discussione: con gli occhi ancora ricolmi di “cotanta bellezza”, mi staccai (anche se è più corretto dire che mi strappai con la forza) dal binocolo, offrendo il posto sullo gabellino a Luciano. Nel frattempo cominciai a ammirare l’ammasso aperto ad occhio nudo, quasi a voler prolungare l’osservazione binoculare, accuratamente registrata; continuai la registrazione anche con l’occhio disarmato, riportando quanto segue; “lo si vede senza problemi anche ad occhio nudo, come una macchia vagamente sferica; con la visione distolta riesco a vedere quelle stelle disposte a V ben evidenti al binocolo”. La serata proseguì nel migliore dei modi, ci divertimmo tantissimo gustando profondamente tanti altri ammassi aperti, e galassie nel Leone che, benché visibili come tenui fiocchetti dall’aspetto tanto etereo, ci hanno regalato forti emozioni di profondità.
Tornato a casa, seduto (come in questo momento) davanti al monitor di un computer, cominciai a riordinare le osservazioni; confrontando ciò che avevo visto direttamente all’oculare del “piccolino”, con quanto visto ad occhio nudo, mi sono servito del software Perseus, molto ben realizzato, sempre molto utile per i miei scopi.
A seguito della descrizione del “Presepe” fatta ad occhio nudo, controllai, convinto che la mv delle stelline da me avvistate, sebbene in visione distolta, fosse prossima alla 6; dovetti ricredermi (vedi cartina ottenuta tramite Perseus); si noti la mv limite di +6,8 raggiunta a occhio nudo, non allo zenit!
Se avessi conosciuto preventivamente la mv di queste stelle, avrei anche potuto sospettare di averle viste per il gusto di spingere la mv limite del mio occhio oltre la sesta, ma non avendo nessun sospetto della loro luminosità visuale, il tutto fu per me una piacevolissima sorpresa; evidentemente i limiti che ci vengono posti come “insuperabili” da una certa letteratura, non lo sono affatto! Oppure, alcuni di noi, particolarmente allenati all’osservazione di oggetti deboli, risultano avvantaggiati, ma quest’ultima ipotesi non cambia l’affermazione iniziale.
La domanda che sorge spontanea, almeno a chi scrive queste righe è; qual è il limite reale?! Non dovrebbe sorprendere che, al telescopio di un’apertura data, sotto un buon cielo d’alta quota, e per un osservatore molto ben allenato, siano visibili oggetti e/o particolari di oggetti celesti, ritenuti comunemente ben al di la delle umane possibilità, almeno che qualcuno non voglia considerarci inumani!
Prima di parlare (o sparlare, fate voi) di impossibilità, e di limiti invalicabili, mettiamoci almeno nella condizione di abbattere certe “barriere”, nella maggior parte delle volte erette da noi stessi...

 

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