APRILE 2008
 

Spunti di riflessione sulla difficile arte di osservare
 

Il Fascino dell’osservazione

Tra tutte le scienze, l’Astronomia è quella che può offrire il massimo anche a livello puramente amatoriale; sono da sempre affascinato dalle sconfinate possibilità con cui potersi dedicare alla scienza del cielo. È perfettamente naturale voler possedere uno strumento più o meno potente, specialmente dopo aver appreso (tramite lo studio) il valore degli oggetti celesti, attraverso il quale poter partecipare in prima persona a questo interessante nonché affascinante viaggio. Molte volte, da ventisette anni a questa parte, mi sono chiesto il perché osservo il cielo o, se preferite, cosa mi spinge a continuare a farlo con una certa assiduità, e sono giunto a diverse conclusioni, tutte ugualmente valide anche se nessuna di esse assolutamente determinate.

1. La bellezza degli oggetti celesti.
2. L’interesse puramente scientifico (cosa ci spiega l’astrofisica, la cosmologia ecc).
3. Il senso di sfida o di sprone.
4. Uscire al di fuori dei ristretti ambiti (anche se decisamente interessanti) terrestri.

Come si vede dalle “risposte” date sopra, diversi interrogativi possono emergere, in special modo quando si arriva a un certo "livello" nella nostra attività di osservatori attivi. Come negare che l’importanza del primo punto sia una possibile causa di tutto? Eppure non è forse la conoscenza della natura di quello che balugina all’interno dell’oculare (secondo punto) che accresce il nostro senso di meraviglia e ammirazione verso oggetti tanto grandi e remoti? E potrei continuare giustificando anche i rimanenti due punti…
La realtà è assai più complessa, in quanto, a mio parere, si crea una media dei quattro punti appena citati, anche se bisogna riconoscere un semplice (ma sconcertante fatto): non siamo noi a decidere, razionalmente, di dedicarci a questa attività!
Noi possiamo semmai riconoscere e dar libero sfogo, a un interesse che ci coglie impreparati, e infatti non è raro sentir parlare di “amore per le cose celesti”, basti pensare a quanti soldi ognuno di noi ha speso (e presumibilmente spenderà) in telescopi, binocoli e quant’altro. Infatti discutendo telefonicamente con un amico e collega osservatore, è emerso proprio questo aspetto, ossia la necessità di giustificare, anche con noi stessi (per non parlare di certi sguardi di biasimo e qualche volta di aperta condanna, da parte di chi ci sta vicino; moglie, amici ecc) i soldi spesi – e in certi casi possono veramente essere molti – in strumenti da dedicare all'osservazione astronomica. Allora ci si deve dare uno scopo: chi fa ricerca si supernovae, che di comete, chi produce fotografie “scientifiche” e chi s’impegna in esuberanti, quanto stancanti attività semi-professionali, tutte cose di qualità, estremo interesse e che fanno sicuramente onore a coloro che le portano faticosamente avanti. Ma questa è solo una parte della storia. Molte volte ci allontaniamo tanto dall’inizio da perdere di vista elementi semplici ma essenziali.
Recentemente mi sono ritrovato a osservare con un mio amico (ci conosciamo da poco) dalla mia postazione suburbana, con un riflettore Newtoniano da 200 mm, dotato di ottiche taiwanesi di buona qualità. Costui possiede alcuni strumenti, come un bel binocolo dal buon diametro (88 mm) e un piccolo telescopio dal diametro di 127 mm, e mi ha confidato di non aver mai osservato certi oggetti, anche “facili” o scontati (almeno per quanto riguardava fino a quella sera anche chi scrive) con una simile apertura.
Ho puntato Sirio, la stella apparentemente più brillante del cielo e, cedendogli il posto all’oculare, potei notare la sua meraviglia e il suo stupore; contagiavano! Di colpo ripiombai indietro nel tempo quando, sempre dalla medesima postazione anche se sotto un cielo sicuramente meno inquinato, 27 anni fa ammiravo Sirio, attraverso un piccolo cannocchiale da appena 3 cm di diametro! Che meravigliosa sensazione (grazie Alessandro!) l’osservazione di questo magnifico, luminosissimo puntino bianco che, circondato da altre minute stelline di campo, sembra librarsi nell’immensità dello spazio, ha qualcosa di magico e unico: “ecco” mi son detto “… cosa mi ha tenuto e mi tiene, incollato all’oculare del telescopio per tutti questi anni”.
Anche se, non lo si può negare, è la conoscenza di questa stella e della sua interessante storia (pensiamo alla scoperta di Sirio B e delle nane bianche) che ne accresce indubbiamente il fascino.
Abbiamo continuato la serata, deliziando la nostra vista con la grande nebulosa d’Orione e le sue stelle del Trapezio, astri nascenti che stanno scavando un enorme vuoto all’interno di questa vasta nebulosità. Oppure la magnifica e profonda vista dei due ammassi aperti M46 e M47 nella Poppa, contenuti di misura nel medesimo campo oculare, con le loro componenti così diverse: brillanti quelle di M47, fini e “discrete” quelle di M46, sembrano volerci impartire una lezione di astrofisica! E per finire, la visione della planetaria NGC 2438 (attraverso un filtro UHC) ci riporta inevitabilmente a pensare alla fine che, un giorno lontano per noi, farà il nostro Sole, deliziando la vista di qualche altro “innamorato” di cose celesti presente su chissà quale mondo lontano.
Allora è tutto qui, è proprio tutto qui…

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