Agosto 2010
 

A che serve ?

 

 

Questo mese vorrei condividere con chi mi legge, alcuni pensieri che mi frullano per la testa da qualche tempo a questa parte … Qualche mese fa, leggendo un articolo riguardante alcune novità nel mercato astronomico (sulla nota rivista americana Sky&Telescope), ho notato alcune cose interessanti e nello stesso tempo inquietanti. È senz’altro piacevole constatare che, nonostante una decantata crisi nel mondo dell’astrofilia italiana (e non), vengano presentati nuovi prodotti dalle caratteristiche innovative, segno di una non decadenza di idee, e di questo non ci si può che rallegrare. Ma nello stesso tempo non si può non notare, un interessante controsenso in tutto questo stato di cose; veniamo con ordine …
Tra gli strumenti innovativi citati nell’articolo, ci sono montature assai robuste, e nel contempo relativamente trasportabili, computer di puntamento sempre più sofisticati ma, soprattutto, una nuova linea di telescopi Dobson (Orion), della serie “Monster Dobsonians” il cui esemplare più “piccolo” ha il ragguardevole diametro di ben 36” (910 mm)! Come non provare tanta meraviglia e ammirazione verso questi autentici gioielli (dal prezzo interessante anche se – comprensibilmente) elevato. Un sogno per qualunque osservatore visuale … Stavo assaporando i miei più rosei pensieri su simili aperture, quando alcune nubi minacciose s’affacciarono alla mia coscienza: quanta carne al fuoco … ma dov’è il fuoco?!
Pensavo a quanto sia difficile sfruttare una certa apertura da una postazione suburbana, domicilio di una bella fetta di astrofili, me – sic! – compreso. Dalla decisione di utilizzare il mezzo metro soltanto dalla montagna, alla decisione sofferta dell’amico Luciano, di dar via il suo magnifico Celestron 14, semplicemente perché non riusciva a sfruttarlo dalla sua abituale postazione osservativa, troppo inquinata dalle luci e troppo ostruita da ostacoli artificiali. Allora, tutta quella magnifica “potenza di fuoco” che veniva presentata sulle pagine di quella rivista a che (e a chi) serve, mi sono rispettosamente chiesto? A questo punto però non vorrei esser frainteso; non sto affatto affermando che la strumentazione, in se stessa, sia cagionevole di utilità, è il contesto semmai a procurarmi certi grattacapi.
Ho ancora drammaticamente chiara la magnifica immagine del pianeta Saturno, “scolpita” quando osservata con l’apocromatico da 120 mm, brillante ma slavata dal seeing, al fuoco del C14: si può obbiettare – correttamente – che una grande apertura è fatta per raccogliere la debole luce degli oggetti più diafani, tesi che ho del resto sempre sostenuto, e non intendo certo demolire in alcun modo in questa sede, ma (entrando nel vivo del mio pensiero), due aspetti m’attanagliano la mente:
 L’impossibilità di recarsi ogni serata limpida in alta montagna.
 La reale difficoltà legata al trasporto di simili “mostri” (mi riferisco ai giganti Orion).


Ostacoli artificiali e inquinamento luminoso si sommano paurosamente a difficoltà logistiche. Qual è la via d’uscita da questa situazione: o ci si arrende (e questo non mi passa neanche per l’anticamera del cervello), o si cerca di aggirare l’ostacolo intelligentemente; come?
A questo punto, ci si deve arrendere all’evidenza: l’inquinamento luminoso dilaga e nessuno (NESSUNO) sembra riuscire a contenerlo! È da quando ho iniziato il mio viaggio nell’affascinate mondo del’astronomia, che dura ormai da 30 anni, che sento parlare (in modalità differenti) di questo problema, le riviste (italiane e straniere) propongono soluzioni - qualcuna riuscita - e iniziative (poche!) atte ad aggirarlo, ma da trent’anni la situazione è davvero mutata; in peggio!
Mi chiedo per quanto tempo possiamo ancora andare avanti, prima di rendere il cielo, anche delle località in cui è oggi accettabile, irrimediabilmente chiaro … Ricordo al proposito il cielo di Prarotto, com'è cambiato (anch’esso in peggio) da vent’anni a questa parte: per ritrovarci sotto un cielo REALMENTE nero, ormai bisogna recarsi nei deserti algerini! Allora, il discorso iniziale, che ha guidato il mio pensiero, può estendersi nel futuro a media/lunga scadenza.
Per il momento (non fasciamoci la testa prima che sia rotta) possiamo prendere in esame alcuni escamotage:
Potremmo sicuramente osservare, selezionando accuratamente gli oggetti celesti in base alle loro dimensioni, mag. visuale e altezza sull’orizzonte.
Ci si reca in montagna ogni volta che (realmente) si può, senza prendere tante scuse, il più delle volte con se stessi.
Si potrebbero acquistare in società alcuni di questi strumenti giganteschi, dividendo spese e difficoltà di trasporto e gestione.
Quest’ultimo punto viene già brillantemente affrontato per quanto riguarda gli “osservatori remoti”, ma è valido per un uso esclusivamente fotografico: perché non adottare una simile strategia anche per l’osservazione visuale? Ovviamente non possiamo “osservare in remoto”, possiamo ritagliarci un nostro spazio in alta montagna, rigorosamente custodito, e porvi la nostra – grossa – strumentazione. Abbatteremmo in un sol colpo molti ostacoli: a cominciare dal costo della strumentazione, alla gestione e cura della stessa … Ma anche dal punto di vista della frequentazione si viene maggiormente invogliati a recarsi sul proprio terreno di osservazione …
Pensiamoci amici, potremmo unire i nostri sforzi, e costruire una “rete di coscienze cosmiche”, atte a riappropriarsi del cielo stellato che ci hanno RUBATO, rischiando di ”contagiare” anche altre persone, che ne dite?
Attendo idee e proposte da chiunque voglia cimentarsi in quest’avventura. Pubblicherò di seguito, le vostre idee e/o semplici commenti, atti a realizzare questo piccolo/grande sogno …

A presto dunque, ci vediamo allo Star Party di Saint-Barthélemy, che si svolgerà nei giorni 10/11/12 settembre di quest’anno: anch'io avrò qualche sorpresina per voi!
 

Il pensiero salverà il mondo …
 

 


 


 

 

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